Mi ritrovo a impacchettare vestiti. Un’altra valigia, un altro viaggio.
Sono sempre stato uno zingaro, raramente più di un mese nella stessa città.
Alcune cose ci sono connaturali. Io di natura mi sposto.
Mi piace dormire nella simmetria degli alberghi, mangiare nelle geometrie dei vassoi degli aerei. Mi danno una regola, un sistema.
Sono sempre stato così, in movimento, curioso.
Un movimento fisico, continuo, incessante.
Forse ne ho bisogno per costringere la mia testa a procedere.
La mia testa è più pigra del mio corpo, ma queste due entità si stanno lentamente allineando.
Il mio viaggio non è una fuga. Almeno di questo sono sicuro.
Il mio viaggio è una sete.
Accetto qualsiasi lavoro/esperienza/proposta che mi permetta di vedere nuovi orizzonti.
Forse questo non dovrei dirlo o il mio prezzo sul mercato degli attori potrebbe scendere alla grande. Ma tant’è….
Ora so anche perché non ho problemi a viaggiare tanto, spesso da solo, spesso all’avventura.
Perché sono e sono stato tanto amato.
In primis dalla mia famiglia.
È questo che mi ha dato la sicurezza che anche camminando per le sconquassate strade di Bombay o le immense periferie di Los angeles io non lo facevo mai da solo.
Ho anche rischiato, sono un incosciente.
Uno di quelli che trovi sgozzati nelle favelas e alla notizia sul giornale commenti “beh però se l’é cercata”
Ma toccando ciò che si deve, per ora tutto é andato alla grande.
Di fatto in qualsiasi situazione mi sia trovato non mi sono mai sentito solo.
Sono stato un bambino molto amato in una famiglia che molto ama.
Siamo stati spesso associati alla famiglia del mulino bianco. Tranne per il fatto che al posto del Labrador che partorisce nella stationwagon noi avevamo un barboncino che un dalmata ci ha sbranato davanti agli occhi durante un picnic. Mia sorella è ancora in analisi.
A parte il barboncino sono stato davvero stramaledettamente fortunato.
È stato un insegnamento costante e perfetto.
Nulla veniva spiegato ma agito.
“The best teachers are those who are what they teach”
(I migliori insegnati sono quelli che sono quello che insegnano)
Il mio babbo è esattamente questo.
Io volevo chiamarlo papà ma mia mamma era fissata che è meglio babbo. E così a scuola, già che mi sentivo sempre diverso da tutti, ero anche l’unico che aveva un babbo in mezzo a 25 papà.
Il mio babbo non mi ha insegnato nulla, ma vivendogli accanto ho imparato tutto.
E anche se siamo completamente diversi,
Se il mio interesse per le turbine che produce (credo che le produca, non ho mai capito bene cosa fa) è direttamente proporzionale al suo per le opere di Checov
Se la mia instabilità emotiva fa a pugni con le sue certezze granitiche
Se alla mia partecipazione al programma della de Filippi avrebbe preferito che spacciassi droga
Se spesso parliamo linguaggi incomprensibili fra loro
Se lo annoia tutto quello che mi diverte e viceversa
Se è preoccupato costantemente per il mondo che frequento
Io so che lui è uno dei punti più incredibilmente fermi della mia vita.
Mi accorgo solo ora che la canzone che ho scelto a caso (ma esiste davvero il caso?!?) si intitola ” some things never change”, come lui.
E così ho osservato la sua vita, la sua straordinaria apertura mentale, la sua capacità di non fermarsi al giudizio, ma di scavare dentro le cose e guardandolo ho assorbito.
E la cosa che in assoluto mi ha più formato è stata la sua reazione di fronte alle difficoltà, riscoprendolo nelle parole che credevo fossero mie.
Qualsiasi ostacolo per quanto grande, per quanto distruttivo è sempre un’opportunità, ha comunque un senso anche se incomprensibile nell’immediato ma che ha come finalità il nostro bene.
Un bene assoluto più grande di noi.
E con la certezza di questo bene mi ha buttato nel mondo.
E anche se questo è per molti un momento estremamente difficile e complesso sono certo che ci stia portando a un miglioramento globale.
Sono un uomo fortunato.
E sí questa è una dichiarazione d’amore per il mio babbo.
Certe cose non riesco a dirle.
Ma su queste pagine non ho filtri e con incoscienza seguo il filo diretto dei miei pensieri.
Grazie ba, sei un grande.
Ps un saluto anche alla Pauline, il barboncino. Sei stato un grande cane e ci manchi.
Pauline era un barboncino da combattimento.
Io è mio fratello lo avevamo addestrato ad attaccare le caviglie delle vecchiette al comando ” tacca tacca Pauline”.
Momenti memorabili.
Dal giorno della tua scomparsa ogni volta che guardiamo “la carica dei 101” facciamo il tifo per Crudelia. Mi sembra il minimo.