(cos baby)I’m a fireworks

Sulla prua di una barca che variando di mille colori compete coi riflessi del mare ascolto l’impercettibile infrangersi di un onda solitaria sullo scafo.IMG_6645

È notte sopra e sotto di me. Il mare e il cielo si mischiano in un orizzonte che ha perso la sua identità.
Da lontano Cannes mi saluta con bagliori intermittenti, qualche risata e l’insegna del Martínez.
Le stelle e il silenzio mi fanno compagnia, mentre tutti dormono cullati dal dondolio nelle cabine.
Questo silenzio sempre più raro, sempre più impossibile, sempre più necessario.
Siamo sommersi dal rumore, costantemente.
Nelle città ci difendiamo dal casino accendendo la musica in casa, guardando le serie tv, il grande fratello, dove gente che non conosciamo vive la vita al posto nostro, cerchiamo di coprire il rumore col rumore, nel tentativo di trovare un rifugio.
La maggior parte delle risate registrate delle sit com sono state registrate negli anni 60′, l’ho letto oggi.
La maggior parte di quelle persone non c’è più.
Siamo assediati da risate di persone che non ridono più da anni.

Quando mi trovo in mezzo al silenzio non mi pare vero.

Mi decomprimo, lo sento muscolarmente, come se nel mezzo del petto si aprisse uno spiraglio, i muscoli si decontraggono.
Mi guardo intorno, mentre tutto delicatamente oscilla.
Posso decidere se guardare le luci della terra o l’infinito del mare. Posso scegliere.

Poco fa ci sono stati i fuochi artificiali. Cannes per sei settimane ospita un contest: ogni domenica una nazione propone il suo spettacolo pirotecnico. Io che alle coincidenze non credo, per pura coincidenza assisto alla serata dedicata all’Italia.
Accompagnato dalla musica di Pavarotti, Dalla, Moricone il cielo si dipinge di evanescenti geometrie, disegni di luce, bagliori i discesa libera sul mare.

Io sul ponte della barca in mezzo al mare, disteso su cuscini di pitone azzurro, guardo tutto questo spettacolo con un bicchiere di champagne in mano.
“Questo è quello che deve vedere Dio quando ci guarda”
È un pensiero veloce come il razzo che porta in cielo questa scia luminosa.
Mentre il mare si colora dei colori più vivaci e la notte si illumina a giorno con costante intermittenza penso di essere, per un attimo, Dio.
E non è un delirio di onnipotenza. Quelli c’è li ho durante tutto il resto della giornata.
Mi immagino solo di guardare il genere umano da un’altra prospettiva, senza alcuna intenzione di intervenire su di esso, solo osservare.

Penso che ogni uomo sia un fuoco artificiale.

Ci sono quelli che fanno il botto, potenti,  istantanei, senza colori.
Quelli che partono da terra, fanno grandi giravolte e non si allontanano molto da dove partono.
Quelli che lasciano una lunga scia luminosa, arrivano a una media altezza poi piano piano svaniscono.
Quelli che formano cerchi che si espandono nel cielo all’interno dei quali altri fuochi entreranno di prepotenza.
Ci sono quello che esplodono dentro ad altri fuochi, prolungando il disegno precedente.
Ci sono quelli che hanno senso solo insieme ad altri a loro uguali e che nella ripetizione cadenzata trovano la loro poesia.
E poi ci sono quelli che preferisco.
Quelli che partono da terra, senza fare rumore, senza alcuna scintillante coda. Salgono più in alto di tutti, nel silenzio, facendo lo slalom fra tutti gli altri.
Fanno fatica, devono salire molto in alto per avere senso, per compiere il loro destino, mentre gli altri li guardano pensando che non facendo alcun tipo di luce siano completamente inutili. Loro zitti, continuano a salire.
Poi raggiunta la vetta, avendo superato tutti gli strati coloratamente fumosi, rompono il silenzio ed esplodono in tutta la loro grandiosità, in tutta quella magnificenza conservata gelosamente durante il loro cammino, mostrano quell’anima che hanno custodito, ampliato, nutrito. Si portano dietro tutto il loro percorso, tutta la salita.
E una volta arrivati là dove il destino voleva che arrivassero ricoprono tutto il cielo, abbracciano dall’alto tutto il mondo sottostante, accolgono, colorano, inglobano, si gettano nelle braccia dell’universo.

Ogni fuoco ha un senso. Ognuno una sua dignità.
La bellezza di questi spettacolo sta nell’intersecarsi delle storie di ogni singolo fuoco, nell’incredibile bisogno che hanno gli uni degli altri.
Poi alla fine tutti, alla stessa maniera, finiscono nel mare, cullati dalle onde.
Il senso dello spettacolo è nel disegno generale.
Siamo tutti fuochi, solo negli altri troviamo il nostro senso.

Grazie a Robert, Roberto ed Eva, che mi hanno regalato questo momento in mezzo al mare, permettendomi di capire, sentendomi Dio per un attimo, quanto mi piace essere uomo.


I viaggi STELLAri continuano come sempre su Elle.it , dove troverai il diario di questi 4 giorni in barca…

prossima destinazione…Isola d’Eba!

9 thoughts on “(cos baby)I’m a fireworks

  1. Avendoti preso in parola ti rinnovo come sempre i miei complimenti e ciò che mi stupisce in ogni tuo post è la tua genialità nel proporre dei paragoni incredibili e che trovano sempre il mio appoggio:” Siamo tutti fuochi, solo negli altri troviamo il nostro senso” ( mi lasci veramente senza parole!), niente di più vero..
    A presto con i tuoi prossimi viaggi STELLAri, che sono ogni volta stupendi e 🔝issimi 😍😉
    Eleonora

  2. Dopo aver letto questa meraviglia (l’ennesima e ti ringrazio come sempre!), penso che quando ti leggo, tu per me sei quel silenzio in cui rifugiarmi dal caos quotidiano… Non sento nemmeno la tv talmente mi assorbe leggerti…!
    I tuoi fuochi preferiti, credo ti rispecchino a pieno per come sei. Zitto zitto fai il tuo percorso, arrivi a destinazione, esplodi meravigliosamente togliendo il fiato a chi ti ammira e, infine, abbracci tutti regalando queste belle parole!
    Cos’altro dire…? Siamo tutti fuochi d’artificio su questa terra: tutti diversi ma fondamentalmente fatti della stessa materia…
    Ancora grazie!

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