just share

Nel treno che mi porta da Milano a Brescia mi viene a trovare sotto forma di parole il signor Destino, che vedo sempre più personificato e reale, un viandante fintamente distratto che mi segue, mi lascia messaggi un po’ dovunque

Mister D.
Questa presenza fissa, mai ingombrante, sicura di sé.
Scrive sui muri, parla con voce di estranei, indica, suggerisce.
La sua evidenza la si scopre nel silenzio, prestando attenzione al cuore.
Oggi ha scritto. E la musica di Lang mi accompagna nella lettura.


Un volantino pubblicitario, parla di un libro che non mi interessa, dalla grafica grossolana.
Gli butto un’occhiata infastidita, il volantino stropicciato occupa il mio posto.
Poi l’occhio, che diventa ogni giorno più allenato, legge e ricorda.
Si apre l’archivio, il fascicolo viene registrato.

We could have everything – if we just share what we have.
(potremo avere tutto, se condividessimo quello che abbiamo)

Questo weekend ho “sharato” un casino.

Non ho avuto tregua, sono stato felice di non averla.
Non ho mai incontrato e abbracciato tante persone in un periodo così breve.
Tutto rispecchia il percorso che sto facendo.
Aprirsi agli altri apre gli altri.
Ho conosciuto estranei che mi sono entrati nel profondo, in due minuti.
Stessa lunghezza d’onda, stesso corrispondenza di amorosi sensi.
Io sono ancora scioccato.

Per me è in atto una rivoluzione.
Non so che ne sarà della mia vita, ma la via intrapresa mi appassiona enormemente.

Ok. So che tu Alice stai leggendo. Alice è la simpaticona che mi ha scritto:

“Va beh tu riusciresti a vedere la poesia anche in un bignè ripieno di merda”

È una delle frasi più poetiche che mi abbiano mai dedicato.
Leggendola ho riso per  10 minuti, senza fermarmi, rosso paonazzo.
A parte che è una delle migliori e piu fedeli descrizioni di me in questo periodo, è la coloritura linguistica che me l’ha fatta particolarmente apprezzare.

Alice l’ho conosciuta di persona a Milano, sabato.
In comune l’amicizia con Francesco.
Pazza come un cavallo, molto divertente, scrive per Playboy.
Ha un blog che nessuno legge e che per carità cristiana riporto qui. 😉

http://www.playboy.it/blog

Tutta la sera mi ha preso in giro, in modo molto intelligente devo dire.
Amo molto essere preso in giro in realtà.
Ci immaginavamo le varie cose disastrose che mi potevano capitare e nelle quali potevo avvertire comunque la poesia del momento.

“…Oh che bello cadere rovinosamente per strada, rompermi il naso ma ringraziare della possibilità di vedere l’asfalto da così vicino, quei microscopici giochi geometrici…che poesia…per fortuna mi sono spaccato la faccia, non li avrei mai notati altrimenti….”

“…0h che bello essere investito da un pirata della strada, rimanere incastrato alla sua macchina in corsa e notare la meravigliosa resa cromatica del mio sangue sul grigio acciaio del guardrail. Poi magari conoscerlo e scoprire che quel pirata è una persona così gentile…”

“…Oh che bello essere incornato da un toro a Pamplona, soffrire come un cane, ma capire che quell’esperienza mi sta temprando, e mi renderà una persona migliore…”
e così tutta la sera…

Io al mio bignè di merda sono affezionato.
E mia cara Alice, continuerò a essere ottusamente positivo.
Tu continua a prendermi per i fondelli…

In questo weekend milanese ho conosciuto gente gigante.
Il pensiero positivo ha attratto positività incarnata.
Anche Alice lo è, che lei lo ammetta oppure no.

I simili si attraggono.
Siamo condotti da forze superiori, i nostri corpi si riconoscono, le nostre anime si salutano.
Noi seguiamo tutto questo fermento un po’ ingnari, un po’ consapevoli.

Ho rincontrato gli amici delle ultime vacanze.
Gente che in pochi giorni mi è entrata nel cuore, e ci rimarrà.
Abbracci a profusione, affetto genuino, la vita che ti scorre nel toccarsi a vicenda, nel raccontarsi.
Giacomo e Mirta hanno organizzato  una cena stupenda, tutti gli altri hanno contribuito all’atmosfera. Ci si abbracciava con gli occhi, in continuazione, un’orgia di sentimento.
Mi sono visto per un attimo, in una contorsione spirituale, limonare con Marghe e Alina, accarezzare la Gio, strusciarmi a Dade, baciare  la Mirta,Giacomo,Armando, graffiare con le unghie la schiena di Elena e Greta, toccare e essere toccato da tutti.
Sono fortunato, me ne rendo conto.
Ho uno scambio umano che mi rende sfacciatamente ricco, il Briatore dei sentimenti.

Poi ho anche incontrato persone che non conoscevo.
Gli ho stretto la mano e sapevo che facevano parte della mia vita.
Sensazione netta, tagliente, precisa.
Tante persone, tutte diverse, occhi che mi hanno penetrato e si sono fatti penetrare.
Mi sono ritrovato seduto a tavola con anime che già conoscevo e facce che stavo scoprendo per la prima volta.
Tutto fluido, naturale.
Il piacere di conoscere le piccole cose della vita, sapendo già tutto di quell’entità che avevo di fronte.
Ridere come se ci fossimo rincontrati dopo un lungo viaggio, che poi credo che sia proprio così…
Condividere pezzi di vita, di anima.

Capire che l’essere umano ha senso solo di fronte a un suo simile.
Amare un altro, sapendo che stai amando una parte di te.

Una parte di me scioccata.
Una consapevole che nulla era più naturale e normale che sedermi a quel tavolo.

Io non so cosa mi sta succedendo. Non lo so proprio.
Entro, vedo, sento (altro che “eat, pray love”).

Il pomeriggio con Stefania da California bakery.
L’incontrarsi, abbracciarsi, sentirsi.
Due occhi azzurri, un’anima bella e un tè verde.
Io la conoscevo già, lei conosceva me, anche se era la prima volta che ci stringevamo la mano in vita nostra.
È assurdo. È perfetto.

Ieri sera a cena da Jack e Ludovica mi sono sentito a casa.
Il loro modo di scherzare, preparare la tavola, con Arianna che aiutava in cucina, conoscere il piccolo Zack.
Sembravamo fulminati. Una di quelle scene che viste da fuori ti spaventi.
Io ho conosciuto Arianna 3 ore prima, che aveva conosciuto Jack e Ludovica il giorno prima. Io Jack e Ludovica non li avevo mai incontrati.
Ed ero a cena a casa loro.

La loro figlia vedendoci da fuori, giustamente non capiva.
E nemmeno noi, in effetti.
Continuava a chiederci ” Ma perché siete qui, a cena, insieme? Come vi conoscete?Cioè tutto questo cos’è?”

E aveva ragione a chiedercelo, ieri sera non si seguiva nessun canone prestabilito, nessuna regola sociale.
Io non lo so cos’era, ma so che quella sera io dovevo essere lì.
E lì c’ero sempre stato.
Mi sembrava addirittura di riconoscere la casa. Di riconoscere il modo intimo di giocare di una coppia, l’esuberanza divertente di lui, l’acuto silenzio che osserva ogni cosa di lei. Conoscevo quello che faceva ridere Arianna, conoscevo i suoi passi, la sua apertura alla vita.

http://raccontodiviaggio-passi.blogspot.com
Ognuno metteva in tavola quello che aveva, lo scambio, la condivisione.
Nessun imbarazzo, nessun silenzio, la voglia di conoscersi.
Share, non c’è droga più potente.

Sto facendo dei passi anche io.
Sono inconsapevolmente studiati.
Non so dove sto andando ma so di certo che è la strada giusta.
Tutti quelli che incontro su questa strada sanno di famiglia, abbattono le barriere prestabilite dell’incontro sociale, della cauta introduzione uno nella vita dell’altro.
Siamo vecchi compagni, che si incontrano e proseguono insieme.

Questa mattina ho pranzato con Tiziana. Stessa storia.
Conosciuta a un concerto, vista due volte, invitato al suo matrimonio,tre anni fa.
Da li una storia comune.
Le parlo, la guardo, ne vedo la meraviglia, la splendida persona che è, il percorso che ha fatto, la sua fioritura che ha dell’incredibile. Mi accorgo che tutte le persone che mi stanno attorno sono sul punto di sbocciare, stanno facendo il salto.
E guardando loro mi accorgo che quel salto lo sto facendo anche io.
Che sto prendendo la rincorsa.

Un passo alla volta. A volta grandi, a volte piccoli.
Ritorna alla mente Francesco, il suo spingere gli altri a fare la cosa giusta, a buttarsi nella vita.
A essere coraggiosi, a potare se bisogna potare (brava M.), seminare se bisogna seminare.

È il 6 dicembre. Francesco non c’è più da due mesi.
Senza programmarlo, almeno razionalmente, il sei dicembre mi ritrovo a Brescia.


La tua città.
Senza programmarlo, almeno razionalmente, il sei dicembre mi ritrovo a scrivere sulla tua tomba.

Le colline attorno al cimitero sono bagnate di sole.
Il silenzio disegna nuvole rinascimentali.
Rose bianche, il tuo sorriso, la ghiaia che scricchiola a ogni passo, le lacrime che scendono lievi.
Greta al mio fianco, ormai è una costante.
Silenzio e pace. Sono sereno.

Sono arrivato davanti al mantello di fiori che ti custodisce e ho cominciato a piangere. Così come se avessi spinto un bottone, in modo automatico le lacrime sono scese, senza che aggrottassi la fronte, senza stringere gli occhi.
Scorreva tutto, naturale.
L’emozione che nasce da dentro, cresce a dismisura, cerca una via di fuga, un’espressione concreta, si realizza in gocce calde e salate, liquido denso di significato.
Mi piace pensare alle lacrime come emozione che si materializza, la traduzione fisica di quello che sente il cuore.
Non sto soffrendo, ma sto materializzando il dolore, lo trasformo.
La natura attorno si scioglie in un acquerello rarefatto e poetico, ho anche il tempo di fermarmi un attimo a notare lo splendido quadro che mi si dipinge attorno.

So che non sei qui, ma ho bisogno di uno spazio fisico, temporale.
Mi piace collocarti nell’ ovunque e nel sempre, ma non è semplice, sono acora troppo piccolo per questo, piano piano.

Entrando ho incontrato tuo papà. Ci siamo abbracciati forte.

Grazie Francesco di tutta la vita che mi hai rovesciato addosso , del coraggio con cui mi costringi ad affrontarla, del passo dopo passo che sono obbligato a fare, di tutti gli “altri”che mi stai portando dentro.

A Brescia fa freddo, ho tirato fuori un cappotto che non usavo da anni.
Dentro una pagina di giornale stropicciata, parole sottolineate, non mi ricordo nemmeno quando.

“perché continuiamo a preoccuparci di non sapere dove andiamo?sarebbe più saggio preoccuparci di sapere dove non stiamo andando”

Prendo dalla vita tutto quello che viene, senza pormi alcun limite, voglio andare dappertutto. Ora sì, sono pronto. Sono aperto all’imprevisto, accetto la sfida. Che ho da preoccuparmi? Tanto c’è quello, lassù, che mi butta un occhio, mentre sistema gli outfit delle schiere celesti, mai state così a la page.

Vivo, finalmente, davvero.

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